Mai abbassare la guardia. Vi racconto l’esperienza di essere paziente COVID-19 in terapia intensiva…

Sono un Volontario di Croce Rossa Italiana, Referente per la CRI Liguria della Salute e Sicurezza dei Volontari. 

Sono sempre stato una persona prudente, sempre attento all’uso di mascherina, distanziamento, gel e sapone per la pulizia delle mani.

Ho sempre sanificato ogni superficie, ogni oggetto.

Ma non è bastato. Il giorno 7 novembre decido il ricovero in Ospedale.

Tutto questo non è stato sufficiente, deve esserci stata una falla, un momento di calo dell’attenzione.

Ho provato ad andare indietro con occasioni, incontri, viaggi. Non è servito. Forse i mezzi pubblici, forse altro. Non importa ora.

Ora dopo due settimane sono ancora in un letto dì Ospedale, mi sentirei di dire che il peggio è alle spalle, ma non sono un sanitario non oso neppure azzardare ipotesi.

Per il momento si lotta ora dopo ora, giorno dopo giorno.

Al di là della rabbia che ovviamente in una persona col mio carattere è ad un livello alto lasciatemi raccomandare a voi, amici, l’invito a non sottovalutare, a non abbassare la guardia. 

Il virus è ancora tra noi e dobbiamo vincere, tuti insieme, questa battaglia.

Il casco è un particolare dispositivo utilizzato in ambito intensivo e semi-intensivo per la somministrazione della CPAP (Continous Positive Airway Pressure). 

In pratica significa che la tua stessa vita è affidata al casco, dipende ovviamente dal quadro clinico di ciascuno.

Il rumore nel casco è forte, le ventole sono in funzione e la tua testa diventa un frullatore.

Naturalmente, sempre secondo prescrizione ti diranno che devi passare molte ore “prono” ovvero a pancia in giù.

E inizi a contare le ore, i giorni, le settimane. Se hai la forza ti aggrappi a tutto il possibile.

Piangere nel casco, perché i momenti di sconforto vengono anche ai “duri e puri “ non è l’idea migliore. La ventilazione forzata fa sì che tutto sia più difficile. 

Anche bere é difficile. Hai bisogno di qualcuno per tutto, per ogni cosa.

Poi piano piano, se sei fortunato/a emergi, ti guardi intorno, non sei il più anziano e senti le storie degli altri che sono le stesse tue.

È pieno di storie nei PS e nei reparti di terapia intensiva, non sono leggende sono nomi, cognomi, date di nascita e talvolta data di decesso.

Per i negazionisti, i dubbiosi, gli incerti e per quelli troppo sicuri non ho parole. Solo le immagini delle emergenze in PS con in terapia intensiva, tanti caschi gialli che si chiamano CPAP.

Vivere 10, 20 giorni o più a lungo con un casco perenne in testa non è la cosa migliore che può capitare.

Poi piano piano pensi di uscirne, passano i giorni e le settimane ma inizi a renderti conto che alcuni strascichi sono presenti: stitichezza da combattere, glicemia che sale alle stelle anche per il cortisone, e poi l’infezione che porta ad aumentare il numero dei globuli bianchi perciò ti dicono che servirà una terapia mirata rispetto alla terapia precedente che ancora ti riempe di farmaci. E certo, hai bisogno di protettori gastrici, a volte in pastiglia alte volte direttamente in vena.

Ecco le vene…. altro punto dolente, nel vero senso della parola, serve un accesso venoso ed uno arterioso   (Ah trovarlo che sofferenza) e quindi hai due aghi sempre conficcato che riducono le tue braccia a sembrare due pezzi di legno messi sul fuoco vivo.

infine lasciatemi ringraziare tutti lo staff del PS e dell’UTIC (riconvertita COVID-19) dell’Ospedale Villa Scassi di Genova che, nonostante l’enorme pressione del momento, lavorano senza sosta con professionalità, passione e dedizione al paziente. Grazie di ❤️

Siate sempre prudenti. Non abbassate la guardia!

CORONAVIRUS COVID-19. Procedura assistenziale. Posizionamento Casco CPAP con bretelle.

Un abbraccio a tutti,

Marco

Aggiornamento di Stato 25-11-2020

la sera del 24 novembre 2020 sono stato trasferito all’Ospedale Evangelico di Genova Voltri per un breve periodo di riabilitazione.

by Marco Parodi